Vi ricordate Karaoke? Sì, proprio quella magnifica trasmissione che ha segnato gli anni ’90. Fiorello, il codino, le piazze gremite, i magnifici personaggi che agguantavano il microfono esibendosi in performance incredibili garantendosi così un quarto d’ora di celebrità e le urla del pubblico.
Tenete a mente quest’immagine perché qualcosa di simile sta accadendo (è accaduto!) alla cultura da 15 anni a questa parte. Volete un esempio nostrano? Prendete le notizie di cronaca o di politica di Corriere.it. e scorrete fino ai commenti: ecco lo spettacolo umano in tutto il suo più bestiale splendore. Critiche, attacchi, insulti. Non solo: una vera e propria gara a chi la spara più grossa, alla polemica più succosa, al j’accuse con l’affondo maggiore. Tutti, davvero tutti (molto spesso in un italiano a dir poco stentato) hanno qualcosa da dire, tutti sentono l’intimo bisogno di manifestare il proprio parere. Chiamatelo pure narcisismo, mania di esibizionismo o pura ostentazione; c’è chi l’ha definito alla perfezione scrivendo un ottimo saggio.
Parliamo di Cultura Karaoke, il nuovo libro della scrittrice croata Dubravka Ugrešić che disegna un profilo non troppo lusinghiero di una cultura dominata dai social media, da blog di veri dilettanti allo sbaraglio, dai progetti collettivi. Una cultura in cui, come viene scritto nella premessa, “tutti vogliono visto che possono” poiché “tutti sono i benvenuti”. Una cultura che ingloba e fagogita e che si esibisce, sì, ma in modo goffo e sensazionalistico – proprio come in un karaoke.