Se c’è una cosa che il post-moderno ci ha insegnato, è che elementi diversissimi possono convivere nello stesso ambiente. Queen Elizabeth può trasformarsi un meme. Madonna travestirsi da suora in un videoclip. Gli aforismi di Oscar Wilde diventare slogan. I Beatles proclamarsi più famosi di Cristo e Gesù Cristo diventare protagonista di un musical e assurgere a icona pop.
Un calderone, uno spettacolo, un montaggio di registri che s’intersecano, di stili che si mescolano e che si confondono a dimostrare palesemente che ogni significato non è più univoco e stabile ma produce un effetto destabilizzante e ambiguo, mai logico o consequenziale: ogni opera offre una doppia lettura da trovare nel contesto in cui si trova ma soprattutto in altre tracce, altre voci, altri riferimenti.
Nasce così la tecnica del collage (dal francese coller), prima adottata dai modernisti Braque e Picasso, poi presa a prestito dalla musica (mash-up), dal cinema (Tarantino in primis) e dalla linguistica (porte-manteau), che prevede la realizzazione di immagini prodotte attraverso la sovrapposizione di carte, fotografie, ritagli di libri e riviste.
Negli ultimi anni il collage è stato prediletto da alcuni artisti simili tra loro per la scelta di immagini da sovrapporre, ritagliate da riviste degli anni ’60 o che appartengono a quella decade. Nascono così opere definibili “modern vintage collage“, dal tono surreale, nostalgico, sospeso, talvolta grottesco e minaccioso.
Joseph Webb, inglese, unisce due o tre immagini per reinventarne un’unica con l’obiettivo di comunicare un nuovo messaggio o idea. No undo, no resize, no recolur. Webb vorrebbe essere nato 100 anni fa.
Beth Hoeckel, di Baltimora, è un’instancabile ricercatrice di immagini di riviste tra cui i National Geographics tra gli anni ’50 e ’70. Crea mondi dalle tinte cupe, apocalittiche. Un Alice in Wonderland con David Lynch alla regia.
Eugenia Loli, greca ma nomade per vocazione, concepisce i suoi collage come il frame di un racconto visuale, di un film surreale. La sua tecnica non è “analogica” come gli altri due artisti, ma digitale. E pensa che la morte di un artista sia adottare un unico stile.